Diario di Zeta-47

Per la madonna, che profumo… zucchero! Puro zucchero cristallizzato!
Sono Zeta-47, ma tutti qui mi chiamano “Muso Lungo” per via del pessimismo cronico.

Sto perlustrando questo pavimento freddo e intorno a me è tutto un trionfo di roba dolce che cola da ogni parte. I Giganti hanno lasciato cadere mezza dispensa. Briciole di biscotti, gocce di miele, granelli di zucchero ovunque.

I miei occhi composti vedono il mondo come un film di Fellini sotto trip – tutto a pezzi, granuloso, come potrebbe essere un mosaico fatto da un alieno. Ma chi se ne frega della vista,  posso distitinguere ben quattrocento odori diversi, baby. Quattrocento sfumature!

Questi Giganti sono proprio scemi. Sprecano più cibo di quanto ne mangino. Per loro un chicco di riso è niente…

Ecco il loro regno. Superficie lucida, contenitori enormi, profumi che fanno girare la testa.

Okay Zeta, non fare la scema. Questo tesoro va condiviso con le sorelle.

Mi metto al lavoro per estrarre l’artiglieria pesante: feromoni della madonna. Dalle ghiandole dell’addome parte il messaggio chimico: “Preparate i carrelli della spesa!”.

Tornando a casetta penso: siamo proprio messe male. Cinquantamila sorelle racchiuse dentro tunnel maleodoranti, e lei – Sua Maestà la Regina – che se ne sta lì come una principessa viziata a sfornare uova tutto il giorno. Ma senza di lei non riusciremmo a sopravvivere.

Il nostro “palazzo” è una meraviglia architettonica, una sorta di condominio popolare anni ’70, ma interrato e senza riscaldamento. Per dormire, ci arrangiamo dove capita, quando capita,  duecentocinquanta pisolini al giorno da un minuto l’uno. Ti addormenti mentre stai trasportando una briciola, ti svegli e riprendi da dove avevi smesso.

Per cibarci abbiamo  un buon sistema, il rigurgito collettivo…  Si chiama “trofallassi” e suona pure elegante, ma in pratica è: “Ehi sorella, apri la bocca che ti vomito il pranzo”. Ognuna di noi ha lo “stomaco sociale” – una doggy bag interna dove conservi gli avanzi per le colleghe. Non c’è menu, non c’è scelta. Se io trovo miele, tutte mangiano miele. Se Alfa-23 trova una mosca morta, tutte mangiano mosca morta. Democrazia culinaria…

E per gli escrementi, abbiamo inventato il water prima degli umani – angoli specifici del formicaio dove facciamo tutti i nostri bisognini. Puliti, ordinati, tutto concentrato lì. Almeno in una cosa siamo più civili dei Giganti – loro cacano ovunque.

Il sistema funziona. Il mio cervellino da duecentocinquantamila neuroni non ci arriva a programmi complessi, ma tutte insieme – 12.500.000.000 neuroni – siamo un discreto computer biologico.

Rapporto alla Regina: “Maestà, ho trovato il paese della Cuccagna. Preparate le truppe.”

E parte il carrozzone. La mia traccia di feromoni diventa un’autostrada. Formiche che vanno e che vengono, tutte cariche come muli. Il sistema è perfetto: più cibo troviamo, più il sentiero puzza di “venite qui”.

Guardateci: una colonna militare che farebbe invidia ai marines. Zero traffico, zero incidenti, tutti in fila indiana come educande.

La colonia gongola. I magazzini sono pieni, la Regina contenta sforna uova a tutto spiano.

Ma io lo so che è troppo bello per durare. Conosco i Giganti – sono stupidi ma non così tanto. Prima o poi si svegliano.

Una mattina esco e l’aria sa di merda chimica. Un odore che mi fa rizzare le antenne dalla paura – roba sintetica, velenosa, cattiva.

Maledetti bastardi, ci hanno fregato.

Davanti a me, lungo tutta la nostra bella autostrada, una striscia bianca. Polvere fine come borotalco, ma che puzza di morte. I Giganti hanno dichiarato guerra.

Provo ad avvicinarmi e… Cristo santo! Brucia come l’acido. Un tocco con la zampetta e sento la pelle che si scioglie. Questi figli di puttana hanno messo una barriera letale.

Corro a rilasciare feromoni di allarme – il profumo del panico assoluto. “Scappate! Scappate tutte!”.

Resto lì davanti a quella stronza di linea bianca: “E’ finita la pacchia. Bentornata nella merda, Zeta.”

Le settimane seguenti sono un disastro. Alcune sceme provano ad attraversare la barriera – pure coraggiose, bisogna dirlo – ma tornano con l’esoscheletro che si sfalda, gli organi interni che gli colano fuori. Una carneficina.

La colonia va in crisi nera. Scorte finite, operaie che crepano di fame, la Regina che fa la tragedia greca e riduce la produzione di uova.

Io continuo a fare la esploratrice del cazzo, a cercare alternative che non ci sono. Hanno spalmato veleno ovunque questi psicopatici.

Ma noi siamo formiche, mica turiste. Esistiamo da milioni di anni.

Le veterane del gruppo – quelle che come me ne hanno passate tante – iniziano a esplorare nuovi territori. “Se ci hanno chiuso la porta, noi entriamo dalla finestra.”

Scopriamo un altro branco di Giganti due isolati più in là. Casa nuova, opportunità nuove, vista mare. E poi, cazzo, torniamo alle origini: caccia, pesca, allevamento di afidi per la melata. Roba che facevamo prima che questi colossi imbecilli invadessero il pianeta.

La natura ci ha fatto toste. I Giganti potranno pure avere le loro polveri magiche, ma noi abbiamo la nostra voglia di sopravvivere a ogni costo.

La Regina da un giorno all’altro ha iniziato a puzzare diverso. La vecchiaia, la mancanza di cibo, la crisi nera che aveva colpito la colonia… tutto questo le ha sballato i feromoni.

All’inizio non ce ne siamo accorte. Era un cambiamento sottile, molecolare. Ma giorno dopo giorno il suo odore è diventato sempre più… estraneo. Come se non fosse più una di noi.

I feromoni della Regina sono tutto per una colonia – sono l’odore di casa, la firma chimica che dice “questa è la nostra famiglia”. Senza quello, diventi solo un insetto qualunque che si è infilato dove non doveva.

E noi formiche, quando troviamo un intruso nel formicaio, abbiamo una sola regola: si ammazza.

È stato orrendo e bellissimo allo stesso tempo. Un giorno le operaie più giovani – quelle che avevano sempre servito fedelmente la loro “mamma” – l’hanno guardata con le antenne curiose, come se fosse una sconosciuta. Poi è arrivato il primo morso esplorativo. Poi un altro.

La Regina ha provato a difendersi, poveretta. Ha cercato di rilasciare i suoi feromoni regali, ma ormai la sua chimica era compromessa. Puzzava di paura, di malattia, di fine. Puzzava come un nemico.

Massacrata. A pezzi. Mandibole che strappavano la carne, antenne che la esploravano per capire se fosse davvero commestibile. La sovrana assoluta di cinquantamila suddite è finita come spuntino proteico per le sue stesse figlie.

Nessuna di noi ha versato una lacrima. Non esiste il lutto nel mondo delle formiche – esiste solo la sopravvivenza. La Regina era diventata inutile, anzi dannosa. Il sistema l’ha eliminata automaticamente, senza pietà, senza rimorsi.

Ora siamo orfane ma libere.

La polvere mortale è sempre lì, ma io non la guardo più. Il futuro è altrove. E questi Giganti del cazzo, prima o poi, a furia di giocare alla guerra chimica, si avveleneranno da soli. Aspetterò. Sono paziente.

Sono una formica. E le formiche, alla fine, vincono sempre.

Franco Rea, Fregene, 2025

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